Gilles Deleuze: il nuovo mostro della società del controllo

Gilles Deleuze

Società della sovranità, quella passata; società disciplinare, quella attuale ma che sta cessando di essere; società del controllo, quella che ci attende ma nella quale siamo in parte già entrati. E’ questo il modello di sviluppo (?) della civiltà umana che ci descrive il filosofo francese Gilles Deleuze (1925-1995) [1].

Nella società disciplinare, collocata tra il XVIII e il XX secolo, l’individuo vive in un continuo ambiente di reclusione, in un ambiente “chiuso”: la famiglia, la scuola, la caserma, la fabbrica, eventualmente l’ospedale, eventualmente la prigione.

Tuttavia, spiega Gilles Deleuze, « ci troviamo in una crisi generalizzata di tutti gli ambienti di reclusione, prigione, ospedale, fabbrica, scuola e famiglia. La famiglia è un “interno” in crisi come tutti gli altri interni, scolastici, professionali ecc. I ministri competenti non smettono di annunciare delle riforme ritenute necessarie. Riformare la scuola, riformare l’industria, l’ospedale, l’esercito, il carcere: ma ciascuno sa che queste istituzioni sono finite, a scadenza più o meno lunga. Si tratta soltanto di gestire la loro agonia e di tenere occupata la gente fino all’installazione di nuove forze che premono alle porte ».

Continua Gilles Deleuze spiegando che oramai « le società disciplinari sono già qualcosa che non siamo più, qualcosa che cessiamo di essere. Le società del controllo stanno per sostituire le società disciplinari. “Controllo” è il nome che William S. Burroughs (1914-1997) ha proposto per designare questo nuovo mostro e che Michel Foucault (1926-1984) [2] riconosce come nostro prossimo avvenire. Anche Paul Virilio (1932-2018) non smette di analizzare le forme ultrarapide di controllo all’aria aperta, che rimpiazzano le vecchie discipline operanti nella durata di un sistema chiuso ».

« Le società disciplinari – scrive sempre il filosofoDeleuze – hanno due poli: la firma che indica l’individuo, e il numero di matricola che indica la sua posizione in una massa. Il potere è al tempo stesso massificante ed individualizzante. Nelle società del controllo, al contrario, l’essenziale non è più né una firma né un numero, ma una cifra: la cifra è una mot de passe [password, NdR]. Gli individui sono diventati dei “dividuali“, e le masse dei campioni statistici, dei dati ».

Nella società del controllo, « il marketing è ora lo strumento del controllo sociale. Il controllo è […] continuo ed illimitato. L‘uomo non è più l’uomo recluso, ma l’uomo indebitato ».

Tuttavia, « il capitalismo ha mantenuto come sua costante l’estrema miseria di tre quarti dell’umanità, troppo povera per il debito, troppo numerosa per la reclusione: il controllo ora non dovrà solamente affrontare la sparizione delle frontiere ma le esplosioni delle bidonville e dei ghetti ».

Garantisce Deleuze come «non c’è bisogno della fantascienza per concepire un meccanismo di controllo che dia in ogni momento la posizione di un elemento in ambiente aperto, animale in una riserva, uomo in una impresa (collare elettronico) ».

Félix Guattari (1930-1992, psicanalista), riporta sempre Deleuze, « immagina una città in cui ciascuno può lasciare il suo appartamento, la sua strada, il suo quartiere grazie alla sua carta elettronica (“dividuale” [4]) che faccia alzare questa o quella barriera, e allo stesso modo la carta può essere respinta quel giorno o entro la tal ora; ciò che conta non è la barriera ma il computer che ritrova la posizione di ciascuno, lecita o illecita ».

Da questa crisi delle istituzioni e quindi del sistema disciplinare, ci attende, o forse ci siamo già entrati, un “nuovo mondo”, « l’installazione progressiva e diffusa di un nuovo regime di dominazione » dove anche, tra l’altro, si sviluppa « la nuova medicina: “senza medico né malato” che tratta malati potenziali e soggetti a rischio ».

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Fonti e Note:

[1] Marxists, Gilles Deleuze (1990), “La società del controllo”.

[2] Sua è la teorizzazione che vide nell’archetipo del Panopticon [3], modello di carcere ideale teorizzato dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham (1748-1832), il paradigma della moderna società capitalistica.

[3] Il concetto della progettazione del Panopticon è di permettere a un unico sorvegliante di osservare (opticon) tutti (pan) i soggetti di una istituzione carceraria senza permettere a questi di capire se siano in quel momento controllati o no. Il nome si riferisce anche ad Argo Panoptes della mitologia Greca: un gigante con un centinaio di occhi considerato perciò un ottimo guardiano.

Può essere inteso come metafora del potere invisibile.

[4] “Dividuale” deriva da “dividuo”. Essere non più individuo ma “dividuo”, cioè da un lato sempre più solo e isolato, dall’altro, sempre più connesso e immesso in circuiti relazionali.

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