Silo: contro la crisi, ricostruiamo il tessuto sociale
« Se crediamo che nel presente tutto vada bene, e il futuro personale e sociale che intravediamo ci sembra adeguato, non resta che andare avanti. … Al contrario, se riteniamo di vivere in una società violenta, diseguale e ingiusta … riflettiamo immediatamente sulla necessità di profonde trasformazioni personali e sociali ».
Questo è il dilemma che ci pone Silo, il filosofo contemporaneo argentino di cui ho già scritto qualche pensiero, nella sua “Quinta lettera” ai suoi amici (1991).
Silo: possiamo accettare o modificare l’ambiente
« Partendo di lì – prosegue Silo -, … disponiamo della libertà di suicidarci o di continuare a vivere e di pensare alle condizioni in cui lo vogliamo ».
In quest’ultimo caso, le possibilità sono diverse:
- « possiamo ribellarci di fronte a una tirannia e vincere o morire nell’impresa;
- possiamo lottare per una causa o incoraggiare l’oppressione;
- possiamo accettare un modello di vita o cercare di modificarlo ».
Qualora volessimo provare a modificare la condizione di vita « che non abbiamo scelto », dobbiamo avere chiaro – spiega ancora Silo – che « la disgregazione del tessuto sociale impedisce la mobilitazione di insiemi umani importanti ».
D’altro canto – continua il filosofo argentino -, se è vero che « nessuno vuole muoversi in azioni destinate al fallimento », lo è altrettanto che « nessuno può continuare così ». Tuttavia, « con la nostra inerzia stiamo lasciando il cammino a maggiori diseguaglianze e ingiustizie ».
Taluni hanno scelto di non muoversi, di solo « occuparsi della propria vita, disinteressandosi delle difficoltà degli altri e di ciò che succede nel contesto sociale ». Ciò è comprensibile: « milioni di persone lottano oggi per sopravvivere senza sapere se domani potranno sconfiggere la fame, la malattia, l’abbandono ». Si tratta di « un suicidio semplicemente rimandato »!
Il “che fare” e il “cosa non fare“, secondo Silo
Silo invece suggerisce di lasciar perdere le « ridicole votazioni ai partiti di maggioranza » perché la « democrazia attuale è semplicemente formale e risponde ai dettami dei gruppi economici ». L’idea, invece, è quella di un « lavoro radicato nei quartieri, in settori cittadini e nel nostro ambiente immediatamente circostante … [perché] è là che ricomincia la ricomposizione del tessuto sociale ».
In sostanza, l’invito è quello di « scegliere un progetto di vita e un ideale di società », per dare un valore e un senso alla nostra vita.
Il successo non sarà certo immediato, ma è importante – avverte Silo – « fare attenzione al gradualismo ingannatore che si suole praticare per addurre argomenti contro gli obiettivi pianificati ».
Soprattutto Silo invita fare attenzione alla comunicazione. « Molte persone non riescono a comprendere come il loro messaggio sia deformato e modificato al momento di farlo giungere ad un ampio pubblico attraverso i mezzi di comunicazione. Cadono nella trappola, senza comprendere bene come l’apparente pubblicità che gli si dà produca l’effetto contrario ». Anche qui, l’invito è quello di « impegnarci a influenzare i piccoli ambiti e [impegnarci in] ogni occasione propizia di comunicazione sociale ».
Il pensiero di Silo e’interessante. Riassume tutto l’antagonismo ideologico e filosofico enunciato dal dopo 89 ad oggi. Stato o mercato? Sociale o Capitale? Popolo o Banca? Ma il tutto puo’portarci a un altro problema cruciale.
Progresso:definito da tutti i dizionari del mondo come avanzamento scientifico e sociale per il diritto alla felicità dell’uomo. Ma quale avanzamento? Il tecnologico tecnocratico che distrugge gli ecosistemi e quindi danneggia tutta la società umana? L’economicista che scardina ogni rapporto comune sociale in favore del principio base dell’egoismo competitivo di tutti contro tutti uomo frega uomo? Il suprematista White Power che alla fine crea prima uno squilibrio razziale, poi la forbice perenne tra primi e terzi mondi?E via dicendo.
Qui è il punto. Gli intellettuali arabi dicono da tempo che se non si cambia il metodo di approccio mentale EuroAmericano sul Medio Oriente la situazione non cambierà mai, peggiorerà sempre. Così se non cambiamo il paradigma primario del significato di progresso così come è stato condotto fino ad ora, la situazione collassera’del tutto.
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