Pene esemplari? L’afferma chi non conosce il carcere
« In carcere si entra, quanto più possibile, nudi: spoliazione fisica e spoliazione psicologica si accompagnano. Prima tappa in matricola, dove vieni letteralmente spogliato e perquisito fin dentro il buco del culo, uno dei migliori ripostigli per piccoli, ma ricercati generi stupefacenti ».
La descrizione solo appena accennata dagli autori di “Abolire il carcere” [1] dovrebbe insegnare già quando siano becere le richieste di “pene esemplari”, di “chiudere in carcere e gettare le chiavi”, che da più parte si levano da parte di cittadini e partiti populisti.
Infatti, « la verità è che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha nemmeno la più lontana idea di che cosa sia una prigione. Se si conoscesse davvero la realtà del carcere risulterebbe molto difficile augurarsi che altri ne facciano esperienza ».
Carcere: la mia brevissima esperienza da volontario
Personalmente diversi anni fa entrai in carcere, per una breve e piccola azione di volontariato [2].
Dovetti lasciare il mio telefonino in un armadietto all’ingresso.
E, escluso dal mondo, varcare una serie di cancelli bianchi con spesse sbarre, aperti da enormi chiavi che ad ogni scatto diffondevano un rumore terrificante, per giungere in una cella dipinta di bianco che fungeva da aula scolastica.
Lì, quando la polizia chiuse l’ultimo cancello dietro a me lasciandomi con i detenuti assegnatimi dai servizi sociali del carcere, con quegli estranei, sentii un iniziale profondo disagio.
Sapevo certo che sarei uscito di lì entro poco più di un’ora.
Per fortuna fu però facile “rompere il ghiaccio” e l’esperienza divenne umana, indimenticabile e positiva.
In verità quell’area già essa inospitale, scopro ora dalla lettura del libro, come non fosse il vero carcere, ma la “zona di mezzo”, dove gli “estranei” incontrano i detenuti.
Carcere: luogo inospitale dalla funzione punitiva e non rieducativa
« La prigione rappresenta una macchina livellatrice, che tende, a un egualitarismo verso il basso. Tutti indistintamente sono maltrattati quanto basta perché avvertano l’inospitalità del luogo e la sua funzione punitiva », scrivono gli autori dell’importante testo.
Scrive bene il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky nella post fazione del libro “Aboliamo il carcere”: « il carcere è nato, più che come sanzione, come pulizia della società dai suoi scarti: poveri, vagabondi, mendicanti, sbandati, irregolari d’ogni genere, da offrire in sacrificio all’ordine sociale ».
Un luogo – continua il costituzionalista – « dall’abnorme densità di popolazione reclusa, che contribuisce a un processo di spersonalizzazione in cui la promiscuità e il sovrapporsi dei corpi annullano le soggettività individuali ».
Zagrebelsky conclude così la propria riflessione: « si dirà: però, i detenuti se lo sono meritato. Così dice il senso comune: prima di dedicarci a pensare ai delinquenti e alla loro condizione, c’è ben altro di cui dobbiamo preoccuparci. Ci sono i problemi della gente per bene, quali noi amiamo considerarci ».
Personalmente credo, invece, che la “civiltà” di un Paese, di una nazione, si rileva da come tratta chi è sottoposto alla sua “tutela”, al suo assoluto potere.
Le prigioni italiane, certamente non peggiori di altre africane, non sono per nulla luoghi civili. Per questo vanno abolite, cominciando con l’abrogazione di ergastolo e detenzione al 41bis [3].
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Fonti e Note:
[1] “Abolire il carcere” di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta (maggio 2022).
[2] AltraTrapani, 4 gennaio 2005, “Detenuti ciceroni e benefattori“.
[3] FronteAmpio, 13 febbraio 2018, “Giustizia: E’ giunta l’ora d’abolire ergastolo e 41 bis?“.
Ecco come andrebbe spiegato ma una campagna elettorale non è il momento giusto. Essa si fonda su frasibad effetto e le discussioni profonde non le appartengono. Ecco cosa contesto a Porterei al Popolo del 2018, movimento/partito che neanche ci ha provato a spiegare