Max Weber: lo stato domina tramite la “forza fisica”
« Si può definire sociologicamente lo stato moderno soltanto in base ad uno specifico mezzo che appartiene ad esso: l’uso della forza fisica. Se vi fossero soltanto formazioni sociali in cui l’uso della forza sarebbe ignoto, allora il concetto di “stato” sarebbe scomparso e a esso sarebbe subentrato ciò che si potrebbe definire “anarchia” », afferma Max Weber [1].
Il sociologo tedesco è chiaro: lo “stato” è quella formazione sociale dove una parte opera o minaccia di operare sull’altra con la forza fisica, la violenza. Weber anzi precisa che lo “stato” « all’interno di un determinato territorio, […] pretende per sé (con successo) il monopolio legittimo della forza fisica ».
Weber qui riporta pure la frase « ogni stato è fondato sulla forza », attribuita a Lev Trotsky.
Il concetto è insistentemente ripetuto poco più avanti: « lo “stato” consiste in una relazione di potere di alcuni uomini su altri uomini fondata sul mezzo dell’uso legittimo (vale a dire: considerato legittimo) della forza. Affinché esso sussista, i dominati devono dunque sottomettersi all’autorità cui pretendono coloro che di volta in volta detengono il potere ».
Max Weber: i dominati si sottomettono allo stato per timore e speranza
Weber nella sua conferenza [1] spiega anche i motivi per cui i dominati si sottomettono: « sono motivi assai concreti di timore e di speranza – timore della vendetta di potenze magiche o del detentore del potere, speranza in una ricompensa in questo o nell’altro mondo – e inoltre interessi della più diversa natura a condizionare questa obbedienza ».
In altre parole, nello stato moderno, sono gli apparati e le strutture burocratico-repressive (polizia, magistratura, carceri) a incutere il timore da cui consegue l’obbedienza.
Max Weber: i partiti sono diventati puri cacciatori di posti
Per conseguenza, sostiene Max Weber, “politica” significa « aspirazione a partecipare al potere » e « chi fa politica aspira al potere, o come mezzo al servizio di altri fini – ideali o egoistici – o “per il potere in se stesso” per godere del senso di prestigio che esso procura ».
Ma potere di cosa?
Weber riconosce che « tutte le lotte tra i partiti non si svolgono soltanto per fini oggettivi, ma anche e soprattutto per il patronato delle cariche. I ridimensionamenti nella partecipazione alla distribuzione delle cariche vengono vissuti dai partiti come uno scacco ben più grave di qualsiasi insuccesso rispetto ai loro fini oggettivi. Alcuni partiti [anzi] …, sono diventati puri partiti di cacciatori di posti, i quali modificano il loro programma oggettivo a seconda della probabilità di catturare voti […] trattando così lo stato e le sue cariche come una mera istituzione di distribuzione di prebende » [2].
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Fonti e Note:
[1] Max Weber ( 1864 – 1920 ), “La politica come professione” (1919), testo della conferenza tenuta a Monaco di Baviera il 28 gennaio 1919.
[2] Scrive Weber, in proposito: « In Francia un’infornata di prefetti ad opera di un partito politico è stata considerata come un sovvertimento maggiore e ha provocato più chiasso che un cambiamento del programma di governo, il quale ha significato quasi meramente retorico ».
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