Calamandrei: l’indifferenza alla politica offende la Costituzione
La Costituzione « non è una carta morta, è un testamento, un testamento di centomila morti … caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento … dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, … lì è nata la nostra Costituzione ».
Così affermò Piero Calamandrei, giurista e deputato dell’Assemblea Costituente e della I legislatura, in un famoso discorso [1].
E ancora: « la Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo, una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica ».
In particolare, spiegò con un esempio, « la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai ».
In quel famoso discorso, Piero Calamandrei si lanciò in un’affermazione fondamentale: « una democrazia in cui non ci sia un’uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini, veramente, siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo al progresso continuo della società ».
Per ottenere questa uguaglianza, spiegò, « è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti. Dare a tutti gli uomini dignità di uomo ».
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Fonti e Note:
[1] Professione Giustizia, Piero Calamandrei (1889-1956 ). 26 gennaio 1955, “Milano: discorso sulla Costituzione”
Luce e ombre su Piero Calamandrei
Certo c’è da dire che la figura di Calamandrei è controversa, come si spiega nel libro “Luci e ombre su Calamandrei” e riporta la stessa Wikipedia:
- nel 1931 giura fedeltà al fascismo per mantenere la cattedra universitaria a Firenze,
- da giurista collabora con governo fascista per scrivere il Codice di Procedura Civile, approvato nel 1940 e – in gran parte – tutt’oggi vigente,
- riceve in compenso collabrazione, da Dino Grandi, Presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni, le insegne di cavaliere di Gran Croce.
Dopo il ventennio, divenne socialista e deputato anti-fascista.
« Gli intellettuali [come Piero Calamadrei, Alberto Moravia ed altri, NdR] contribuirono a rimuovere il fascismo dalla coscienza storica degli italiani, a sminuirne le responsabilità collettive, a censurare o a idealizzarne i comportamenti. Comportamenti che erano stati anche i propri, cioè l’acquiescenza alla dittatura o almeno a un certo conformismo in pubblico », scrive Simon Levis Sullam ne “I fantasmi del fascismo”, per come riporta “Storia in Rete”.
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