Lafargue: l’amore per il lavoro è follia
« Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni in cui domina la civiltà capitalista: questa follia è l’amore del lavoro ».
Quando un saggio inizia così è certamente degno d’attenzione. Specie se è datato 1880, cioè all’incirca l’inizio seconda rivoluzione industriale. Specie ancora se contraddice in toto il pensiero dominante cattolico [1].
Ecco perché “Le droit à la paresse” ( “Il diritto all’ozio” o “alla pigrizia” ) di Paul Lafargue entra di diritto all’interno di una biblioteca rivoluzionaria.
Paul La Fargue: il lavoro? Una sorta di condanna ai lavori forzati
Se anche Napoleone sosteneva « più i popoli lavoreranno, meno saranno i vizi », per Lafargue, invece, « il lavoro è schiavitù » e tutte « le miserie individuali e sociali sono nate dalla passione per il lavoro ».
Il rivoluzionario francese spiega, infatti, come « le officine moderne sono diventate delle “case di correzione” ideali dove si incarcerano le masse operaie e si condannano ai lavori forzati per 12 e 14 ore non solo gli uomini, ma anche le donne e i bambini ».
« Ne risulta che – prosegue nel proprio saggio Lafargue – alla sera arrivano a casa stremati dal bisogno di dormire, e che il giorno dopo escono di casa prima di aver completamente recuperato del forze per essere all’officina all’ora in cui riapre ».
L’esito di tal impegno è esplicitato: « sovraccaricandosi di lavoro, esauriscono le loro forze; che, spremuti, diventano anzitempo inabili a qualsiasi lavoro, non sono più uomini ma monconi umani ».
Le soluzioni di Paul Lafargue contro lo sfruttamento dei lavoratori
Il fatto che oggi, centocinquant’anni dopo, la giornata lavorativa si sia ridotta, di norma, ad otto ore – ma con ritmi ancora più intensi imposti dalla tecnologia – nulla incide su tali riflessioni.
Ecco perché Paul Lafargue proclama « i diritti dell’ozio », come « diritti mille volte più sacri e più nobili degli asfittici “diritti dell’uomo” », diritti che costringano « a non lavorare più di tre ore al giorno, a non far niente e a far bisboccia per il resto della giornata e della notte ».
Il rivoluzionario socialista poi sostiene: « per forzare i capitalisti a perfezionare le loro macchine di legno e di ferro, bisogna aumentare i salari e diminuire le ore di lavoro delle macchine di carne e d’ossa ».
Già nel 1880 Lafargue avanzava pure la proposta di un reddito sociale ( “di cittadinanza”? ) utile a raggiungere lo scopo prima enunciato: con spirito ironico statuisce « i proletari … se giurano di voler continuare a vivere da fannulloni nonostante il generale impulso al lavoro, saranno messi in lista e dai rispettivi municipi riceveranno tutte le mattine una moneta da venti franchi per i minuti piaceri ».
« Istupiditi dal loro vizio, gli operai non hanno saputo capire che, per avere lavoro per tutti, occorre razionarlo come l’acqua su una nave in difficoltà », concludeva Lafargue.
Ancor oggi, pazzi per il lavoro, i proletari non han saputo sostenere con forza i temi del reddito sociale garantito, del salario minimo e del consistente taglio dell’orario di lavoro che Lafargue, coi suoi toni anche paradossali, già di fatto propugnava.
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Fonti e Note:
[1] Nel Nuovo Testamento, l’apostolo Paolo scrive nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi (2 Tessalonicesi 3:10): “Infatti, quando eravamo con voi, vi ordinavamo questo: se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi.“
Ma anche nel Catechismo cattolico, al paragrafo 378, sta scritto: « il lavoro non è una fatica penosa, ma la collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile ». Ribadito dal paragrafo 2427 che sottolinea – richiamando Paolo – come « il lavoro è un dovere » e che l’uomo « si mostra discepolo di Cristo portando la croce, ogni giorno, nell’attività che è chiamato a compiere ».
Aderisco appassionatamente al principio che lavoro sì,ovviamente,ma validamente supportato da una serie di provvedimenti che non lo rendano una sorta di condanna. Vogliamo chiamarli con una…..parolaccia moderna….. ammortizzatori? Chiamarli come volete, ma che facciano sì che il lavoratore possa addirittura trovare,perfino nell’incarico piu’ modesto, un’affermazione di sé e non solo abbrutimento
Quando il lavoro assorbe gran parte di una giornata di un individuo e non riesce a vivere con il frutto del suo sudore e della sua fatica allora non è più un lavoro ma si trasforma in un cappio al collo capitalista. Esattamente quello che teorizzava Marx. La schiavitù capitalista sul lavoratore. Esattamente quello che accade oggi per gran parte delle persone. Ed è la prima cosa da combattere.
il tema proposto da Lafargue, in tono più o meno paradossale e satirico, è: 1) lavorare meno per lavorare tutti, lavorare al massimo 3 ore al giorno per avere il resto della giornata da dedicare a se stessi (studio, socializzazione, arte, riposo, etc) ; 2) aumento dei salari tale che all’imprenditore convenga investire sull’innovazione tecnologica e quindi tagliare l’orario di lavoro; 3) un “reddito di cittadinanza” a favore di chi prometta di non lavorare, e così crei le condizioni di mercato per aumentare i salari.
quindi il tema è ridurre l’orario du lavoro, considerevolmente, ma aumentando la paga oraria così che il salariato non ne abbia da perdere. Quante ore sono giuste, al giorno? 3, 4, 6, 8, 12, 16?
8 ore lavorative sabato e domenica riposo e salari portati innalzati al costo della vita tenendo conto dell'”INFLAZIONE REALE” (non quella propagandata dalla stampa serva del regime) almeno al costo della vita.Se oggi la benzina costa 2 euro e mezzo al litro non puoi dare un salario da FAME a un lavoratore. Per quanto galoppa l’inflazione post conflitto bellico oggi un lavoratore dovrebbe prendere almeno 3000 euro al mese.
Il diritto – dovere al Lavoro dovrebbe essere garentito a tutti coloro che sono in grado di lavorare, esso deve servire agli innumerevoli bisogni di tutta la collettività e no a produrre profitti a privati.
Il tempo di lavoro non dovrebbe superare le 6 ore giornaliere ed articolato su 5 giorni alla settimana.
La retribuzione devono essere tale da garentire a tutti una vita DIGNITOSA ed essere sempre adeguata al costo della vita.
Secondo me il concetto di orario di lavoro giusto muta nel tempo. Oggi che le società occidentali non riescono a garantire una piena occupazione è giusto lavorare meno per lavorare tutti e la giornata lavorativa di 6 ore è passo più logico per ora. Chiaramente però deve rimanere ben fissato che tutti devono avere stipendi che siano parametrati al costo della vita. Si deve fissare un salario minimo che garantisca perlomeno la serenità sull’arrivare a fine mese qualsiasi sia la situazione famigliare.. e altrettanto vero che si può e si deve certo andare oltre . La sperequazione nella distribuzione della ricchezza deve ridursi . Bisogna ridurre perlomeno a livelli pre neo liberismo il rapporto fra lo stipendio di un operaio e wirllk di un Ceo.. che dagli anni 80 è aumentato in modo esponenziale. Poi certo, si dovrebbe puntare a creare una società in cui ci sono cose su cui valga la pena spendere quei soldi , non consumistiche e tenendo conto che se lo stato si occupa del welfare in tipologie almeno scandinave non occorre poi esagerare con il superfluo. Tuttavia non sono nemmeno un pauperista. Tutti noi siamo davanti a un PC o con un cellulare in mano..