Lenin: c’è un ruolo rivoluzionario anche nel parlamento

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Nel suo saggio del 1920, L’estremismo, malattia infantile del comunismo [1], Vladimir Lenin lancia una critica netta e lucida contro due derive opposte che minacciano i partiti comunisti europei: da un lato l’opportunismo, dall’altro l’estremismo.

Per Lenin, estremisti sono anche coloro che non comprendono la complessità della lotta politica e si rifiutano, per principio, di partecipare al gioco democratico, incluso il parlamentarismo.

Lenin critica il rifiuto del parlamentarismo

Nel settimo capitolo del saggio, intitolato Partecipare ai parlamenti borghesi?, Lenin è chiarissimo:

«Come si può affermare che il parlamentarismo è politicamente superato se milioni e legioni di proletari non soltanto sono per il parlamentarismo in genere ma sono addirittura controrivoluzionari?»

In altre parole, ignorare il parlamento e le sue dinamiche significa abbandonare milioni di lavoratori nelle mani delle forze controrivoluzionarie.

Per questo, Lenin insiste:

«Fino a che non si è in condizione di sciogliere il parlamento borghese e tutte le altre istituzioni reazionarie d’altro tipo, […] la partecipazione alle elezioni parlamentari e la lotta dalla tribuna parlamentare è obbligatoria per il partito del proletariato rivoluzionario proprio per educare gli strati arretrati della propria classe».

Secondo Lenin, uno degli errori più gravi che un rivoluzionario possa commettere è:

«Scambiare il proprio desiderio, la propria posizione ideale e politica, per una realtà oggettiva».

Questo significa non confondere i propri sogni rivoluzionari con le condizioni reali in cui si svolge la lotta politica. L’azione concreta richiede analisi, strategia e il coraggio di agire anche in contesti non ideali, come il parlamento borghese.

Il vero spirito rivoluzionario: per Lenin, affrontare le sfide difficili

Lenin condanna con fermezza chi riduce la lotta politica a una semplice dichiarazione di intenti:

«La tattica rivoluzionaria non può essere fondata unicamente sullo spirito rivoluzionario».

Per lui, limitarsi a criticare il sistema senza partecipare attivamente significa evitare la vera sfida:

«È molto facile manifestare il proprio ‘spirito rivoluzionario’ limitandosi a lanciare ingiurie contro l’opportunismo parlamentare, limitandosi a respingere la partecipazione al parlamento».

Anzi, rinunciare alla battaglia nelle istituzioni è un gesto “puerile”, perché:

«Saltare il difficile compito di utilizzare i parlamenti reazionari ai fini rivoluzionari» significa abbandonare il terreno della lotta reale.

Questo capitolo critica espressamente i comunisti olandesi e tedeschi, ma da pure una dura lezione anche agli italiani: «è indubbio che il compagno Bordiga e la sua frazione di “comunisti boicottisti” (comunista astensionista) hanno torto quando sostengono la non partecipazione al parlamento».

Le parole di Lenin, scritte più di un secolo fa, restano attuali per chiunque voglia cambiare davvero il sistema: la trasformazione non avviene rifiutando le istituzioni, ma affrontandole con coraggio, strategia e consapevolezza. La vera rivoluzione non è solo un atto di ribellione, ma un lungo lavoro di educazione, partecipazione e lotta quotidiana.

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Fonti e Note:

[1] Vladimir Lenin, “L’estremismo malattia infantile del comunismo” (1920), pagg. 65-75, Edizioni Lotta Comunista.

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