Bakunin: Dio è il primo tiranno, lo Stato il secondo

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Nel 1871 l’Europa ribolliva: rivolte, barricate, teste che cadevano e poteri che tremavano. In questo clima incandescente, Michail Bakunin, l’anarchico più temuto e odiato dai governi, scrisse Dio e lo Stato. L’opera, pubblicata postuma nel 1882, è un attacco frontale ai due pilastri dell’oppressione umana: la religione e il potere politico. E lo fa con la grazia di un pugno sul tavolo.

Dio: il grande inganno

Bakunin parte col botto: «Se Dio esistesse davvero, bisognerebbe sopprimerlo». Perché? Semplice: l’idea di un essere supremo è la scusa perfetta per giustificare ogni autorità terrena. La religione è il più antico dei trucchi: un meccanismo perfetto per convincere le masse che obbedire è il loro destino. «Tutta la storia della società umana, fin dalla sua infanzia, ci mostra che la fede in un’autorità soprannaturale è sempre servita da giustificazione per le autorità terrene».

Dio non è solo un’invenzione, ma un sistema ben oliato per far accettare agli uomini la schiavitù. «Se Dio è, l’uomo è schiavo». E qui sta la chiave: Bakunin non sta dicendo solo che Dio è una favola, ma che credere in lui significa accettare gerarchie, padroni, re, e ogni sorta di tiranno con la scusa della “volontà divina”.

E che dire del peccato originale? Una genialata. L’uomo nasce marchiato a fuoco e deve passare la vita a redimersi da una colpa che non ha mai commesso. Bakunin ci ride su: «Dio, padrone eterno, ha creato l’uomo schiavo, e poi lo ha condannato per la sua schiavitù. Quale mostruosità!». Traduzione: il peccato originale è la prima grande truffa della storia.

Scienziati, nuovi preti? No, grazie

Non contento di distruggere la religione, Bakunin se la prende anche con la scienza quando diventa un’arma nelle mani del potere. Attenzione, non è contro il sapere, ma contro l’idea che gli intellettuali possano diventare i nuovi sacerdoti, predicando dall’alto cosa è giusto e cosa è sbagliato. «Se la scienza deve diventare il signore assoluto della società, allora gli uomini di scienza saranno i nuovi preti, e noi avremo una nuova Chiesa».

E chi sono i nuovi preti secondo Bakunin? Marx e i suoi discepoli. L’idea della “dittatura del proletariato”, con un’élite illuminata che guida il popolo verso la salvezza, è solo una riedizione della vecchia storia: pochi al comando, tutti gli altri a obbedire. «Non vogliamo né maestri né discepoli; vogliamo uomini liberi e uguali».

Lo Stato: la grande menzogna

Veniamo al bersaglio grosso: lo Stato. Per Bakunin, non esistono Stati buoni o cattivi. Esistono solo Stati, ed è sufficiente per sapere che ci sarà sfruttamento. «Chi dice Stato, dice dominio, e chi dice dominio dice sfruttamento».

E qui arriva la bordata a Marx. L’idea che lo Stato possa essere usato per liberare il popolo è pura illusione: «Lo Stato è il sacrificio della libertà e degli interessi di tutti a vantaggio di una minoranza dirigente». In altre parole, il potere non si riforma, si distrugge. Punto.

La rivoluzione non si delega

Per Bakunin, la libertà non si mendica, si prende. «La libertà non si implora, si prende». E non con riforme o compromessi, ma con l’azione diretta. Il suo ideale? Una società senza padroni, senza governi, senza Stati, basata sull’autogestione e la cooperazione.

Diffida delle rivoluzioni guidate da capi e partiti, perché sa come vanno a finire: una tirannia ne sostituisce un’altra. La vera rivoluzione è quella del popolo, organizzato dal basso: «Solo il popolo, organizzato dal basso, può creare una società libera».

Conclusione: un manifesto senza tempo

Dio e lo Stato non è solo un libro, è una bomba. Bakunin smonta, ridicolizza e distrugge ogni forma di autorità, con un’ironia tagliente e una visione spietata del potere. Un’opera che, dopo più di un secolo, suona ancora come un grido di battaglia contro ogni forma di dominio.

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Scritto integralmente da IA.

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