Marx: Tremino le classi dominanti davanti alla rivoluzione!

Non si parla più di lotta di classe, almeno sui mass media principali. L’argomento è confinato in piccoli circoli di qualche decina di nostalgici comunisti. Eppure la sfida lanciata da Marx ed Engels è ancora più attuale!

Come scrivevano già nel 1848 nel Manifesto del Partito Comunista, il progresso tecnologico e organizzativo ha sempre più ridotto i lavoratori salariati a « semplice accessorio di una macchina » [1]. Al lavoratore, « viene richiesto di compiere solamente una semplicissima operazione manuale, monotona e facilissima da imparare », un’attività profondamente alienante. Inoltre, ne consegue che « il lavoro salariato si fonda esclusivamente sulla concorrenza degli operai tra di loro ».

Infatti, spiegava già allora Marx, « gli operai devono vendersi al minuto, sono una merce, perciò sono esposti, come ogni altro articolo, alla alterne vicende della concorrenza e a ogni fluttuazione del mercato ». Da ciò, per l’imprenditore o il capitalista, « i costi dell’operaio si riducono ». Il lavoratore, per la sua attività, riceve infatti solo « i mezzi di sostentamento, ciò di cui ha bisogno per il proprio sostentamento e per la riproduzione della specie ». Inoltre, dopo essere stato sfruttato in cambio di un misero salario, sul lavoratore « si abbattono anche le altre parti della borghesia: il padrone di casa, il bottegaio, il prestatore a pegno ».

Il capitalismo non rappresenta soltanto un problema di sfruttamento economico: comporta anche gravi cambiamenti sociali.

Marx ed Engels denunciano: « La borghesia non lascia nessun altro legame tra uomo ed uomo che non il nudo interesse o l’insensibile “pagamento in contanti” ». E, inoltre, i lavoratori salariati, cioè i proletari, « non lottano contro i nemici, ma contro i nemici dei loro nemici, i borghesi che non fanno gli industriali, i piccoli borghesi ».

Marx, invece, invita alla coesione tra lavoratori come strumento vincente di lotta: celebre il motto « Proletari di tutto il mondo, unitevi! », con cui si conclude il Manifesto.

I comunisti avvertono, nella lotta per la propria emancipazione, di non fare affidamento sul governo e sulle altre classi sociali.

Per quanto riguarda il primo, spiegano: « Il governo dello stato moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese ». Per i secondi, invece continuano: « I ceti medi, i piccoli industriali, i piccoli negozianti, gli artigiani, i contadini, combattono tutti la borghesia per evitare di scomparire come ceti medi. Non sono dunque rivoluzionari, ma conservatori. Di più, sono reazionari, perché cercano di far tornare indietro la ruota della storia ».

L’orizzonte comunista, quindi, spiegano Marx e Engels, è rappresentato da « una sola espressione: abolizione e superamento della proprietà privata ».

I due credono nel successo della loro proposta politica. L’ottimismo è conseguenza dei timori espressi dalla condotta degli stessi avversari: « Il Comunismo è riconosciuto come una potenza da tutte le potenze europee ». Scrivono provocatoriamente, infatti, Marx e Engels nel Manifesto: « Un fantasma si aggira per l’Europa, il fantasma del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il Papa e lo Zar, si sono alleati contro questo fantasma per inseguirlo in una santa caccia ».

Una chiara dimostrazione di debolezza di quest’alleanza. Il fatto che questa caccia al comunista abbia avuto sinora successo e il fatto che il Partito Comunista non sia più quell’organizzazione di massa dell’800 e del ‘900, non importa. Ancora oggi, il capitale evoca la parola comunista come uno spauracchio.

Ecco perché, quindi, a Marx e Engels concludono facilmente il loro Manifesto scrivendo, con parole ancora attuali, « tremino le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista! I proletari non hanno da perdere che le proprie catene. Hanno un mondo da guadagnare ».

Le dinamiche di sfruttamento e alienazione descritte da Marx ed Engels sono più attuali che mai, specialmente in un’epoca in cui il progresso tecnologico sembra allontanare ancora di più i lavoratori dal controllo sulla propria vita e sul proprio futuro. Nonostante il silenzio mediatico e l’apparente oblio la lotta di classe resta una realtà vivida e concreta nel sistema capitalistico contemporaneo. Oggi, come allora, la sfida è quella di unire le forze e organizzarsi per superare le disuguaglianze e riconquistare la propria dignità. La battaglia non è conclusa: la posta in gioco è un mondo nuovo.

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Fonti:

[1] MARX Karl, ENGELS Friedrich, 1848, “Il Manifesto del Partito Comunista”. Trad. Paolo Ceccoli. Giunti Editore, Firenze-Milano, 2009. ISBN 978-88-440-3688-1.

2 risposte

  1. Alessandro Rappoccio ha detto:

    Le critiche derivate da Marx e compagnia sono ancora vigenti ed applicabili appunto perché siamo ancora sotto ad un sistema capitalistico, anzi in Italia si potrebbe parlare di feudalesimo 2.0 praticamente.

  2. Sinistra Libertaria ha detto:

    Condivido la “battuta” sul feudalesimo. Il governo rappresentativo non è altro che l’espressione moderna del feudalesimo. “Eleggiamo”, manipolati dai media, il “signorotto” che ci “rappresenta” dal sovrano.

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