Merlino e Malatesta: pro e contro del parlamentarismo
« La lotta deve essere combattuta su tutti i terreni, compreso quello delle elezioni » [1]. Con questa tesi pubblicata su “Il Messaggero” ( 28 gennaio 1897 ) l’anarchico Francesco Saverio Merlino inizia un pubblico dibattito con Errico Malatesta, monumento dell’anarchismo italiano.
« Va da sé – prosegue Merlino – che fra un candidato crispino, rudiniano o zanadelliano, disposto a votare stati di assedio, leggi eccezionali, […] e un socialista o repubblicano sincero sarebbe follia preferire il primo ».
Francesco Saverio Merlino, in sostanza, sdogana per gli anarchici la partecipazione al voto e, in particolare, sposa pure la teoria del “meno peggio”, del « candidato più avanzato ».
Lo stesso giornale pubblica pochi giorni dopo ( 7 febbraio ) la risposta di Errico Malatesta. Si tratta di una chiusura totale: « gli anarchici restano, come sempre, avversari decisi del parlamentarismo » e la loro tattica è quella « astensionista », afferma.
Malatesta poi motiva la sua posizione: gli anarchici « credono che il socialismo debba realizzarsi mediante la libera federazione delle associazioni di produzione e consumo ». Inoltre, « qualsiasi governo, quello parlamentare compreso, non solo è impotente a risolvere la questione sociale e armonizzare e soddisfare gl’interessi di tutti, ma costituisce per se stesso una classe privilegiata ». Infine, « la lotta parlamentare, lungi dal favorire lo sviluppo della coscienza popolare, tende a disabituare il popolo dalla cura diretta dei propri interessi ».
In altre parole, la “rappresentatività” del parlamento diseduca il popolo dalla lotta politica. « Abituare il popolo a delegare ad altri la conquista e la difesa dei suoi diritti, è il modo più sicuro di lasciare libero corso all’arbitrio dei governanti ».
Merlino è subito pronto, però, a replicare (10 febbraio). « La tattica astensionista ha portato a due risultati – scrive -:
1) ci ha separati dalla parte attiva e militante del popolo;
2) ci ha indebolito difronte al governo ».
Merlino, con sarcasmo rincara la dose: quella anarchica piuttosto è una tattica « esclusionista ». « La nostra è la guerra delle braccia incrociate […] noi aspettiamo che maturi la rivoluzione ».
Ma c’è anche un motivo di strategia interna, secondo Merlino, che dovrebbe spingere il … “Partito Socialista Anarchico” a partecipare alle elezioni: « il governo ha approfittato del nostro isolamento per darci addosso in tutti i modi, legali e illegali ».
Quindi torna a sostenere la propria opinione: « il parlamentarismo non è un principio, è un mezzo: sbagliano quelli che ne fanno una panacea, ma sbagliano anche quelli che lo guardano con sacro orrore, come se fosse la peste bubbonica ». D’altro canto, aggiunge, « non è vero che il parlamentarismo è destinato a sparire interamente, qualcosa ne rimarrà anche nella società che noi vagheggiamo ».
Francesco Saverio Merlino conclude di fatto bocciando la “rivoluzione” e sostenendo la politica dei “piccoli passi”: « voglio insomma progredire da buon positivista, che crede che la società si perfeziona, non si rifonda e rimodella, né si rifà con una ricetta di principi astratti ».
Merlino non attende la risposta di Malatesta e, il 9 marzo continua la polemica stavolta sull’Avanti!
« Non è contrario ai nostri principi – scrive – che il popolo eserciti un’ingerenza, per quanto indiretta e di poco valore, nell’amministrazione della cosa pubblica. Noi dobbiamo e possiamo dolerci che quest’ingerenza oggi sia minima; che la sovranità popolare duri il quarto d’ora delle elezioni. Questo è il male, non la partecipazione di una parte del popolo all’elezione dei deputati e di alcuni amministratori. A questo male non si rimedia astenendosi dalle urne ».
D’altro canto, « l’agitazione elettorale ci offre modi e opportunità di propaganda a cui sarebbe follia rinunciare ».
E poi ancora: « Per poco che valgano le elezioni, valgono a strappare qualche concessione al governo o ad imporgli un certo riguardo per l’opinione pubblica. L’elezione dei deputati ostili al governo non è che un modo di agitazione popolare, e il compito dei deputati [ dell’opposizione, NdR ] non è di proporre leggi e di chiacchierare sugli ordini del giorno presentati alla Camera, ma di combattere la maggioranza parlamentare e il governo, di denunziare al Paese gli arbitrii e le prepotenze ».
« Le idee non valgono per se stesse – avvisa Merlino – ma per l’azione che esercitano sulla sorte degli uomini. La lotta deve avere un fine immediato; dove tanti milioni di nostri simili soffrono giornalmente, è insensatezza consumare le proprie energie in guerricciole di partito e in quisquilie accademiche ».
Tali argomentazioni scuotono Errico Malatesta che risponde con affermazioni certamente vere ma fuori dal contesto illustrato dall’interlocutore. « Il parlamentarismo è una forma di governo nel quale gli eletti del popolo fanno, a maggioranza di voti, le leggi che a loro piace e le impongono al popolo con tutti i mezzi coercitivi di cui possono disporre ». « Noi abbiamo sempre sostenuto che l’abolizione del governo e del capitalismo è possibile solo quando il popolo, organizzandosi, si metta in grado di provvedere a quelle funzioni sociali a cui provvedono oggi, sfruttandole a loro vantaggio, i governanti e i capitalisti ».
Conclude Merlino nella successiva replica « Sono io anarchico? Se l’astensionismo è un dogma di fede anarchica, no. Ma io non credo al dogma. Non credo che esercitando il diritto di voto, che ci viene consentito, noi si rinunzi ai diritti maggiori, che ci vengono negati e che dobbiamo rivendicare ».
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Fonti e Note:
[1] Errico Malatesta e Francesco Saverio Merlino, “Anarchismo e democrazia” (1897).
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