Parlamentarismo riduce la libertà al solo diritto di voto
« Oggi – non lo si può nascondere – ci si è un po’ stancati del Parlamento anche se attualmente non è ancora il caso di parlare – come fan alcuni autori – di una “crisi”, di una “bancarotta” o addirittura di una “agonia” del parlamentarismo ».
Queste parole sono estrapolate da un testo del 1920 di Hans Kelsen, fondamentale ideologo liberal-democratico [1].
A quella “stanchezza” della democrazia parlamentare, poco dopo, nel 1932, seguirono il populismo nazista, la dittatura, la guerra.
Astensione e taglio componenti certificano sfiducia nel Parlamentarismo
Oggi, solo a vedere i risultati dell’affluenza alle urne in costante discesa ( 72% nel 2018, mentre oggi l’asensione ci si muove verso il 40% ), ad ascoltare i discorsi di sfiducia nei confronti dei parlamentari troppo distanti dagli interessi delle masse popolari e dalle promesse pre-elettorali, questa “stanchezza” risulta nuovamente affiorare.
“Stanchezza” verso il parlamentarismo anzi certificata dall’esito del voto referendario del 2020 che ha comportato il taglio dei componenti le Camere da complessivi 945 a soli 600.
Il Parlamento in Italia, d’altro canto, oggi, secondo il Partito dei CARC e non solo, è inteso come « un’istituzione della democrazia borghese ridotta da tempo a ufficio di registrazione delle decisioni dei governi della borghesia imperialista » [2].
Una constatazione che fa rima col pensiero di Hans Kelsen che già notava come, nella democrazia moderna, di fatto, « i diritti politici – vale a dire la libertà – si riducono ad un semplice diritto di voto » [1].
Se il Parlamentarismo limita la Libertà, la democrazia diretta è impossibile
Infatti, « la Democrazia dello Stato moderno è la democrazia indiretta, parlamentare, in cui la volontà generale direttiva non è formata che dalla maggioranza degli eletti della maggioranza dei titolari dei diritti politici » [1].
Hans Kelsen, tuttavia, da un lato, nei suoi scritti aveva sostenuto l’imprescindibilità, in una democrazia moderna, del parlamentarismo e, d’altro canto, individuato una serie di riforme per ridare credibilità e vigore alla democrazia rappresentativa.
Kelsen: la volontà statale creata dal Parlamento non è affatto la volontà del Popolo
Prima di dibatterne però, occorre ammettere che – come spiega Kelsen [3] – la democrazia della rappresentanza è una « finzione », « una limitazione della libertà », poiché l’eletto, per previsione costituzionale ( art. 67 ) non ha alcun obbligo di mandato, e quindi di rappresentanza, nei confronti dell’elettore.
In sostanza, scrive lapidario Kelsen [3], « la volontà statale creata dal Parlamento non è affatto la volontà del Popolo ».
Tuttavia, « non si può seriamente dubitare che il parlamentarismo non sia l’unica forma reale possibile dell’idea di democrazia »: benché « democrazia diretta » è l’unica considerabile prossima « all’idea di libertà », « per ragioni tecniche [nel 1920 quando scriveva Kelsen, NdR] … la democrazia diretta è praticamente impossibile » [1].
Sulla base di queste premesse, prima che la storia ripercorra la strada “nera” del passato autoritario, mi appare indispensabile che questi temi siano introdotti nel dibattito politico della Sinistra.
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Fonti e Note:
[1] Hans Kelsen, “Essenza e valore della democrazia”, (1920).
[2] FronteAmpio, 18 settembre 2020, “Referendum : il vero voto è Col Sistema oppure Contro il Sistema”.
[3] Hans Kelsen, “Il problema del parlamentarismo”, (1925).
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