Rifondazione: Come Napoleone, Acerbo si incorona da solo

Sulle note de “L’Internazionale”, domenica si è conclusa la “cerimonia di incoronazione” di Maurizio Acerbo, eletto per la terza volta consecutiva segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista.

Per chi non conosce i meccanismi interni del PRC, si tratta di un’elezione di secondo livello: l’assemblea dei delegati – composta da 247 membri eletti nei congressi territoriali – ha nominato il Comitato Politico Nazionale, che, con 90 voti a favore e 89 contro, ha riconfermato Acerbo alla guida del partito.

Un margine risicatissimo, che fa supporre che lo stesso Acerbo abbia votato per sé, rendendo decisivo il proprio voto. In tal caso, più che un’elezione, si tratterebbe di una “autoincoronazione”, degna di Napoleone – o, per chi preferisce un’analogia più pittoresca, di Jean-Bédel Bokassa.

La mancata svolta: niente ricambio generazionale né co-rappresentanza di genere

Nel partito, qualcuno aveva invocato un ricambio generazionale, o almeno una candidatura condivisa. Invano. Eppure, l’articolo 11 dello Statuto del Partito recita: «Il partito è impegnato nei suoi organismi alla costante ricerca della sintesi».

Secondo lo Statuto di Rifondazione, il segretario dovrebbe essere un organo esecutivo, mentre il vero centro decisionale è il Comitato Politico Nazionale, che, all’articolo 52, viene definito come «il massimo organismo dirigente del partito, [che] determina gli indirizzi fondamentali e gli obiettivi dell’attività complessiva».

Eppure, nei fatti, il PRC non sembra immune al culto della leadership carismatica, come un qualsiasi partito di destra.

Anche sul fronte della co-rappresentanza di genere, nulla di fatto: lo Statuto del PRC, all’articolo 14, prevede il principio della co-rappresentanza, ma ancora una volta il partito ha eletto solo un uomo, senza applicare questa possibilità.

Insomma, tra il dire e il fare, c’è di mezzo … l’incoerenza.

Vien da ricordare il pensiero sui partiti dello scomparso Willie Bordon: « Queste organizzazioni verticistiche e inquadrate, essi sono autoritari e repressivi per definizione ».

La linea politica tra rottura e ambiguità

Il Comitato Politico Nazionale ha licenziato pure un documento finale del Congresso, in cui viene ribadita una chiusura alle alleanze nazionali con il centrosinistra: «Non vediamo oggi possibilità di convergenze politiche nazionali con il centro-sinistra, perché grandi e dirimenti sono le differenze programmatiche, a partire dal no alla guerra, al riarmo e al neoliberismo».

Tuttavia, con una formula che sembra voler tenere il piede in due staffe, il documento apre di fatto ad un’alleanza col centro-sinistra aggiungendo: «Ciò non esclude di verificare a tutti i livelli diverse possibilità, o impossibilità, di convergenze tattiche, ove queste possano servire a migliorare le condizioni di vita di milioni di lavoratori e lavoratrici».

Un equilibrio precario tra radicalità ideologica e pragmatismo elettorale.

In ogni caso, sulla questione delle elezioni parlamentari del 2027, la decisione finale spetterà alla base militante del partito, che si esprimerà attraverso un referendum interno, su proposta del Comitato Politico Nazionale. Una possibilità prevista dall’articolo 15 dello Statuto del Partito.

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